Pochi giorni fa è stato celebrato il trentesimo anniversario della sitcom “Il Principe di Bel Air” – andata in onda per la prima volta il 10 settembre del 1990 e ancora oggi tra le serie tv anni ’90 più viste – con il riavvicinamento tra Will Smith e Janet Hubert (zia Vivian) e un tributo a James Avery (zio Phil).

Se sei sulla trentina, ti basta leggere “Questa è la maxi-storia di come la mia vita è cambiata…” per sapere di cosa parlo. E lo so che mentre la leggevi l’hai cantata anche tu!

Il trentesimo anniversario Foto: Instagram @willsmith di Willy il Principe di Bel Air

WILLY IL NERO, SUPER FICO DI BEL-AIR

La serie è sbarcata su Netflix qualche tempo fa, e colta da un momento di nostalgia del passato, ho rivisto la prima stagione. E mi sono accorta che nella sigla c’era qualcosa di diverso.

Cito:

"Oh che sventola di casa, mi sento già straricco

la vita di prima mi puzza di vecchio

guardate adesso gente in pista chi c’è

Willy il nero, super fico di Bel-Air."

Mi sono chiesta se la serie fosse stata ri-doppiata, perché a volte costa meno rifare il doppiaggio che comprare i diritti dell’originale.

Invece ho scoperto che la sigla dei primi episodi è sempre stata così. Perché era: ‘Willy il nero’?

Il dialoghista/adattatore è quella figura professionale che si occupa del lavoro di riscrittura dei dialoghi originali tradotti, rendendoli comprensibili e fluidi, e adattandoli al ritmo, alle pause e alla mimica facciale del personaggio. Nel momento in cui va ad adattare una serie tv, spesso non ha a disposizione tanti episodi per capire quali saranno i tratti distintivi di ciascun personaggio, o come si evolveranno le vicende; lo scopre strada facendo. E spesso, sin dai primi episodi, deve fare delle scelte di stile che dovrà mantenere per tuta la serie. La sfida è sempre quella di trovare le soluzioni migliori per restare fedeli all’originale. Restare fedeli all’originale non significa tradurre parola per parola, ma mantenere il carattere e lo stile dell’opera.

Ad esempio, nella serie tv La Tata (The Nanny) Tata Francesca nell’originale è di origine ebraica, e per tutta la serie fa riferimenti alla cultura ebrea, mentre nell’adattamento è di origine italiana. La scelta (secondo me geniale) ha contribuito a rendere il personaggio e i riferimenti culturali più fruibili e divertenti per il pubblico del Bel Paese.

TUTTO BENE QUEL CHE FINISCE BENE

Non è chiaro perché nella sigla di “Il Principe di Bel Air” all’inizio sia stata fatta la scelta di usare ‘nero’ al posto di ‘principe’. Potrebbe essere una questione di metrica, dato che ‘nero’ è di due sillabe e ‘principe’ di tre. Qualunque sia il motivo, ho paura che non lo scopriremo mai.

Nel corso delle stagioni la sigla è stata modificata in "Il principe Willy, il super fico di Bel-Air". Scelta più simile all'originale: the Prince of Bel Air e di certo più neutra. Meglio non sollevare questioni etnico-razziali quando non necessario.

Sta di fatto che l’adattamento della sigla e degli episodi è un vero e proprio capolavoro! Non ci resta che aspettare il 2021 per il reboot (pare sarà su Peacock la piattaforma streaming di NBC)

PS. Che poi, il titolo originale, The Fresh Prince of Bel-Air si rifà al nome d’arte di Will Smith come rapper.

Foto: Instagram @willsmith

    Condividi questa storia, scegli tu dove!

    Continua a leggere..

    Continua a leggere..